L’ipotetica non influisce sul tempo della proposizione a cui si subordina. Considera gli esempi:
1. (FRASE LIBERA): Mario verrà domani.
2. IN SUBORDINAZIONE:
a. (presente nella principale) Mario dice che verrà domani;
b. (passato nella principale) Mario ha detto che sarebbe venuto domani.
2. PERIODO IPOTETICO INDIPENDENTE:
a. (del primo tipo) Mario verrà domani, se non ci sarà lo sciopero degli autobus;
b. (del secondo tipo) Mario verrebbe domani, se non ci fosse lo sciopero degli autobus;
3. PERIODO IPOTETICO DIPENDENTE:
a. (del primo tipo, retto da un tempo presente) Mario dice che viene domani, se non c’è lo sciopero degli autobus;
b. (del secondo tipo, retto da un tempo presente) Mario dice che verrebbe domani, se non ci fosse lo sciopero degli autobus;
4. (del primo e secondo tipo - retto da un tempo passato) Mario ha detto che sarebbe venuto domani, se non ci fosse lo sciopero degli autobus.
Come hai già notato in # 2, il passato prossimo, a volte, specie nella parlata popolare, determina reggenze temporali tipiche del presente: presente, futuro, condizionale presente (attenuativo): Mario ha detto che viene, che verrà, che verrebbe ... ma ciò non può valere come regola generale, tanto è vero che con diceva/disse/aveva detto nella reggente quest’uso non sarebbe possibile.
Il passato prossimo - ricordiamolo – è “attualizzazione del passato nel presente” (vedi Wikipedia: XY è stato un compositore italiano” – poi però correttamente, nel profilo: “nacque, studiò, si trasferì, compose, morì”) ed è proprio questo ibridismo a determinare gli usi popolari che abbiamo segnalato.